Janas sarde: la leggenda delle fate di Giave e dell’anello perduto
Amo il folklore sardo, amo le storie sulle janas sarde, le famose fate dell’isola.
In questo articolo, con l’aiuto del libro di Dolores Turchi intitolato “Lo Sciamanesimo in Sardegna”, ripercorro la leggenda delle fate di Giave e dell’anello perduto.
Le janas sarde di Giave a Sa Pedra Mendalza
Una leggenda dei primi del ‘900, raccontata da Giuseppe Calvia e ripresa dal libro “Lo Sciamanesimo in Sardegna” della Turchi, narra delle janas sarde di Giave, che pare abitassero nella rocca di Sa Pedra Mendalza.
La storia vuole che un uomo, mentre arava il suo campo, vide due janas uscire dalla rocca di Sa Pedra Mendalza. Queste gli si avvicinarono ammonendolo. Non poteva lavorare nei pressi della loro divina abitazione, e non esitarono a mostrargli disappunto.
Quando quello stava per abbandonare gli attrezzi, la jana più giovane gli si accostò. Consegnò all’uomo un anello dicendogli di fare ritorno dopo pochi giorni, perché lo avrebbe fatto suo sposo.
Purtroppo, la sfortuna fece perdere all’uomo il prezioso dono della fata, e con esso anche il ricordo di lei.
Nella leggenda delle fate di Giave il “volo sciamanico”
Tempo dopo, mentre l’uomo ballava a una festa nel suo paese, Giave, due donne bellissime si misero a danzare con lui.
Durante il ballo una di queste posò il suo piede su quello dell’uomo, e fu in quel momento che egli riconobbe la jana, ricordò dell’anello e del matrimonio.
Il rituale della sovrapposizione del piede (Leggi anche: Lo Sciamanesimo e le tecniche dell’estasi) anche secondo il popolo Inca, serviva per mettersi in comunicazione con gli spiriti.
Ed infatti dopo il gesto l’uomo fu come risvegliato da un torpore e potè ricordare la fata promessa sposa. Si recò quindi il giorno dopo a Sa Pedra Mendalza e sposò la jana.
Sa Pedra Mendalza, il talismano e la Porta dell’Aldilà
Cosa accadde dopo il matrimonio?
Una volta maritato, l’uomo ricevette dalle janas l’ordine di non rientrare più al suo paese.
Diverse insistenze dopo però accordarono la richiesta, raccomandandogli di non avvicinare nessuno durante il viaggio.
Partito, ecco che subito incontrò una donna circondata da pulcini. Intenerito, le rivolse la parola e fece per avvicinarsi, ma cadde a terra stecchito.
Quella donna impersonava la morte che reclamava la vita.
Allora le fate, impietosite, lo resuscitarono e lo condussero di nuovo a Sa Pedra Mendalza, dove rimase per molto tempo.
La mancanza del suo paese e della famiglia però tornò, e l’uomo continuava a fare pressioni per tornare, anche per un giorno solo, nella sua casa.
La raccomandazione delle janas era la stessa: “Vai, ma non fermarti!”. Per aiutarlo nel viaggio, stavolta gli consegnarono una cagnolina, affinché lo guidasse.
Giunto a casa sua l’uomo si accorse che l’intero paese non esisteva più. Deluso, decise di tornare indietro, e lungo la strada incontrò un uomo nei guai. Questi, gli chiese di aiutarlo a togliere il suo cavallo dal fango, dove era rimasto incastrato.
Muovendo la coda, la cagnetta gli ricordò la promessa di non fermarsi e non rivolgere parola a nessuno, allora l’uomo proseguì, finché non vide una anziana signora alla quale era caduto un cesto.
La cagnolina mosse ancora la coda, e allora lui indifferente se ne andò.
Ma ecco che sul suo cammino, ormai tornato alla Rocca delle janas, vide un bimbo piangere e lo prese fra le braccia.
Come fece il gesto cadde impietrito e morì.
Ancora le fate lo riportarono in vita, e gli consegnarono un talismano. A quel punto gli dissero di tornare a Sa Pedra Mendalza entro un anno, un mese, una settimana e un giorno.
Girovagando l’uomo trovò un paese in cui si svolgeva una festa di nozze. Fra tante persone che danzavano riconobbe la sua jana sposa. Le gettò allora il talismano ai piedi e quella, dopo averlo raccolto, ricondusse l’uomo alla Rocca con lei per non farlo uscire mai più.
Ed ecco che Sa Pedra Mendalza, in tempi remoti, rappresentava per gli abitanti di Giave la Porta dell’Aldilà.
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