Carte geografiche storiche della Sardegna: come la vedevano i nostri avi?
Il fascino intramontabile del passato, del tempo che fu, del modo in cui gli uomini di una volta (i cartografi in questo caso) gettavano lo sguardo sul mondo e cercavano di riprodurlo per come gli appariva, con gli strumenti che avevano a disposizione.
Le carte geografiche storiche della Sardegna sono arrivate fino a noi e ci fanno un grande dono: quello di poter vedere, come per magia, l’isola con gli occhi di chi la rappresentò fin dal 1500.
Qui di seguito, una selezione di mappe antiche tratta dal sito AlterStampe.
Carte geografiche storiche della Sardegna: un salto nel passato
Secondo il portale Sardegna Cultura gli uomini, prima di prendere possesso fisicamente di un territorio (è un riferimento ai colonizzatori?), sentivano il bisogno di possederlo concettualmente.
Grazie agli studi dell’astronomo e geografo Tolomeo, padre della Geografia, a partire dal 1400 ha inizio la produzione cartografica, mentre la diffusione delle carte vere e proprie fu merito -naturalmente- della stampa.
Proprio grazie a Tolomeo, il cui modello ispirò i cartografi sardi Arquer e Fara, nel 1500 vengono realizzate le prime carte geografiche storiche della Sardegna.
Nel 1600 si afferma la cosiddetta geografia accademica, rappresentata da Philip Cluver. Si passa da una ricostruzione della geografia molto astratta e concettuale a una che non può prescindere dalla ricerca empirica sul presente e da riscontri diretti delle fattezze dei luoghi.
E’ la fine dell’approccio conoscitivo “naturale”. Nel 1700, con l’Età dei lumi ha inizio la geografia dei viaggi di esplorazione.
Il governo Sabaudo è un periodo fiorente per le carte geografiche in Sardegna.
Meravigliosa quella che risale al 1720, manoscritta e acquarellata, firmata dal pittore partenopeo Domenico Colombino.
Agli albori dell’Ottocento risale invece l’opera dello scolopio Tommaso Napoli “Nuova carta dell’isola e Regno di Sardegna”.
Oggetto di studio e digitalizzazione, di recente, sono state le mappe elaborate dal Real Corpo di Stato Maggiore Generale nella Sardegna settentrionale nel decennio 1841-1851, sotto la direzione del generale ingegnere Carlo de Candia e conservate nell’Archivio di Stato di Sassari (vedi il Progetto Carstos).
4 Mappe antiche della Sardegna
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“Sardinia Insula”, di Sigismondo Arquer, 1550 – incisione in legno
Mappa affascinante quella dell’Arquer, dove salta all’occhio a chiare e ingombranti lettere la scritta “Caput Logudori”, che dall’estremità settentrionale del Sinis raggiunge l’attuale Costa Smeralda. Le si oppone la scritta “Caput Caralis”, la cui C iniziale è posizionata nel centro dell’isola e la S finale ad “accarezzare” Capo Carbonara.
Il 1500 in Sardegna fu caratterizzato da conflitti continui fra l’impero spagnolo e la Francia, nonché dalle incessanti incursioni dei pirati saraceni.
10 anni prima della redazione di questa mappa fu Olmedo ad essere saccheggiata, riportata anch’essa sulla mappa di S.Arquer dove si trova ancora oggi.
Sulla carta, i golfi di Cagliari, Oristano e Alghero si trovano in posizione corretta.
Luoghi come Terranova (Olbia) e Posada sono invece invertiti. L’autore disegna 30 centri abitati di cui ben 17 (Tempiu; Martis; Osuli; Olmed; Puagre; Macomer; Laconi; Meana; Milis; Genoni; Gesturi; San Gavin; Uras; Culeri; Sorris; Quart) compaiono per la prima volta, come per la prima volta la Sardegna viene suddivisa nelle subregioni C. Lugudori e C. Calaris.
Seguì, l’opera dell’Arquer, la fondazione della prima tipografia della Sardegna (anno 1566) per mano di Niccolò Canelles (vicario vescovile di Cagliari e poi vescovo di Bosa). Giurista e letterato sardo, l’Arquer fu giustiziato dall’Inquisizione e messo al rogo come eretico a Toledo, la sera del 4 giugno 1571.
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“Sardinia”, di Ortelio, 1570 – incisa su rame
Un destino importante per questa carta storica.
Realizzata da Abramo Ortelio, geografo fiammingo, appartiene a quello che è considerato il primo Atlante moderno: il “Theatrum Orbis Terrarum“, stampato ad Anversa nel 1570.
Ci presenta una Sardegna in orizzontale con i punti cardinali in evidenza (Oriens; Occidens; Meridens e Septentrio) e i nomi degli abitati in una scrittura elegantissima.
Solo due anni dopo la realizzazione della mappa, nel 1572, in Sardegna ha inizio la costruzione delle prime torri costiere di avvistamento, la maggior parte delle quali visibili ancora oggi e in buono stato di conservazione.
La carta è frutto della rielaborazione personale dell’Ortelio, che trasse ispirazione dalla carta d’Italia del Gastaldi (anno 1561) e dalla carta di Fabio Licinio.
Il risultato è una nuova carta dell’isola, presentata in veste tozza e abbastanza imprecisa.
Non a caso la mappa di Ortelio suscitò molte critiche, tra cui quella del geografo Gelasio Floris che, nel lontano 1830, la definì simile a “un rospo spirante”.
Nella mappa sono tracciati i soli fiumi, con un doppio tratto e privi di idronimi. Le città sono rappresentate con case e torri in vedutina prospettica.
La toponomastica è talvolta errata, come nella duplice indicazione di Cagliari: Calari a Sud e Galiari più ad Ovest.
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” Insul und Konigreich Sardinien “, Bodenher, 1704 – carta a stampa a colori, incisione in rame
Per la prima volta, nella storia delle carte geografiche storiche della Sardegna, appare la legenda ai lati della mappa.
Nella carta di Gabriel Bodenher ce ne sono addirittura due, ma cosa riportano?
Possiamo vedere le suddivisioni dei capi di Cagliari e Logudoro, seguiti dall’elenco degli abitati, dei golfi e delle isole. Bellissimo lo stemma dei quattro mori, che campeggia in alto a destra.
Quattro anni dopo la realizzazione della mappa, nel 1708, una spedizione anglo-olandese inviata da Carlo d’Austria pose sotto assedio Cagliari e mise fine, dopo quasi quattro secoli, alla dominazione iberica sull’Isola. Nel 1704 invece, anno in cui fu realizzata, l’antico villaggio di Flumini Major (oggi Fluminimaggiore) fu ricostruito per concessione del visconte Asquer e della moglie Gessa.
La mappa di Bodenher presenta anche una grande leggenda centrale con le seguenti parole:
Questa isola di Sardegna, come la Corsica, venne percorsa viaggiando dal P. Coronelli e viene descritta nel suo “Atlante Veneto Isolario” da pagina 101 a 105 e dice che contiene oltre 50mila “fuochi” ed oltre 300mila abitanti. Vi cresce un’erba così velenosa che se un uomo se ne nutre può morire, e a dir il vero, quando agisce il veleno il suo viso si contrae totalmente che egli ride finché non muore; perciò ecco il vocabolo “Riso Sardonico”. Il Re di Spagna trae beneficio di 200mila scudi da quest’isola, ma fu così generoso che mantenne guarnigioni per dodici fortificazioni? Così quest’isola si è trasformata.
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“Le Royaume de Sardaigne”, Le Rouge, 1753 -incisa su rame
Ecco una carta della Sardegna che ricorda quelle moderne, se non fosse per le inesattezze del profilo costiero, i centri abitati in posizione errata altri dettagli che la rendono a dir poco approssimativa.
Siamo nel 1753 e quella che vedete è conosciuta come “Carta degli Ingegneri Piemontesi”, benché, propria a causa degli “orrori” presenti, lo storico Tommaso da Napoli ritenne impossibile che fosse stata realizzata su indicazioni di ingegneri.
Curiose le note presenti vicino all’isola di San Pietro («Cette Isle est peuplée par des Genois Pescheurs de Coraille ci devant possesseurs de Tabarca» e cioè «Quest’isola è popolata da pescatori di corallo genovesi prima dei proprietari di Tabarca») e ai Monti della Nurra («Peuples non Conquis qui ne payent point de Taxes.» e cioè «Popoli non conquistati che non pagano le tasse.»).
FONTI:
https://www.sardegnacultura.it/argomenti/cartografia/
http://web.tiscali.it/alterstampe/
https://www.comune.olmedo.ss.it/pg/Sardinia-Insula/30
http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=13076