Bignè di San Giuseppe fatti in casa: il gusto della tradizione romana
Da febbraio a marzo nelle pasticcerie di Roma si diffonde un profumo inconfondibile.
Una sbirciata fra i dolci ed ecco i Bignè di San Giuseppe: così morbidi e cremosi racchiudono la bontà della Capitale.
Fatti in casa acquistano valore: l’unicità delle ricette tramandate dalle nonne.
Una leccornìa attuale, e rituale nel vero senso della parola, perché i famosi bocconi di crema trovano radici nei cerimoniali in onore di Bacco dell’antica Roma.
Prima di prepararli con la nostra ricetta, scopriamo le loro origini antichissime.
Storia dei Bignè di San Giuseppe: dall’antica Roma a “San Giuseppe frittellaro”
Cosa c’entrano i rituali dell’antica Roma con i Bignè di San Giuseppe?
In tempi remoti nel mese di marzo si festeggiavano i “Liberalia”, celebrazioni in onore di Liber Pater (divinità associata al vino e ai vizi, sostituto di Bacco dopo la soppressione da parte del Senato Romano dei chiassosi rituali a lui associati), e di Liber (Prosèrpina, dea associata alla fecondità, alla crescita del grano), in occasione dei quali si preparavano frittelle di grano.
I discendenti prendono il nome di Bignè di San Giuseppe, in onore del Santo festeggiato ancora oggi il 19 marzo.
Com’è evidente la festa di San Giuseppe ha origini antichissime, e seppur cristianizzata, trova radice negli antichi culti pagani (il 19 marzo è la vigilia dell’equinozio di primavera, durante la quale si svolgevano i baccanali).
- Per approfondire usi e costumi di Roma visitate il sito Laboratorioroma.it alla Sezione Curiosità e Tradizioni.
San Giuseppe “Frittellaro”
Il Santo è sempre stato venerato a Roma, tanto è vero che la Capitale vanta diverse chiese a lui intitolate, e lo stesso nome, anche nella variante femminile Giuseppina, è particolarmente diffuso.
Padre putativo di Gesù e sposo di Maria secondo la tradizione cristiana, venne eletto patrono della Chiesa Universale, dei falegnami, degli artigiani e protettore dei poveri.
La festa si svolgeva nella Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, ed era accompagnata dalla degustazione di frittelle e bignè, da cui il detto romano “San Giuseppe frittellaro”.
Le celebrazioni erano solenni, tanto che artisti come il Belli e lo Zanazzo gli dedicarono alcuni versi.
Lo Zanazzo (1860-1911), poeta e antropologo romano scriveva:
“Cristiani bbattezzati” mangiavano frittelle e bignè a tutto spiano, è rimasto negli anni recenti solo un pallido ricordo nel quartiere Trionfale.
Momento clou della festa, che prevedeva anche cerimonie religiose e spettacoli musicali in piazza della Rotonda, era l’invasione nelle strade dei friggitori, con i loro “apparati, le frasche, le bbandiere, li lanternoni, e un sacco de sonetti stampati intorno ar banco, indove lodeno le fritelle de loro, insinenta a li sette cèli”.
Il testo dei cartelli osannava i miracolosi poteri dei dolci venduti: “E chi vuol bene mantenersi sano / di frittelle mantenga il ventre pieno”, in grado di far tornare la vista ai ciechi, la parola ai muti e persino di far camminare gli storpi… nemmeno una parola però rispetto agli effetti di queste “abbuffate” sul fegato!
Ricetta dei Bignè di San Giuseppe
Prendiamo la seguente ricetta che ci pare ottimale, dal Blog I Dolci Nella mente:
Ingredienti generici
200 g di farina
100 g di burro
5 uova intere
un pizzico di sale
scorza grattugiata di mezzo limone
un quarto di litro di acqua
olio di semi di arachide per friggere q.b.
zucchero a velo per decorare
Ingredienti per la crema pasticciera
8 tuorli
200 g di zucchero
60 g di farina
un litro di latte
una stecca di vaniglia
qualche pezzo di buccia di limone (la sola parte gialla)
Procedimento
1. Prepariamo innanzitutto la crema pasticciera.
In una pentola far bollire il latte con la vaniglia incisa e la buccia del limone a pezzettini. Nel frattempo montare con i tuorli d’uovo con lo zucchero per raggiungere un composto gonfio.
Aggiungere gradualmente la farina e continuare ad amalgamare con le fruste. Aggiungere poi il latte caldo filtrato con un passino facendolo cadere a filo.
2. Continuare ad amalgamare la crema che rimetterete in una pentola sul fuoco moderato. Portare ad ebollizione e continuare a cuocere per almeno 4 o 5 minuti. Toglierla dal fuoco e versarla su una ciotola capiente a raffreddare.
Passiamo ora alla preparazione dei Bignè di San Giuseppe
3. Mettere in una pentola l’ acqua con il burro, il sale e portare ad ebollizione.
Togliere la pentola dal fuoco e versare tutta insieme la farina. Mescolare a lungo con un cucchiaio di legno. Rimettere la pentola sul fuoco continuando a mescolare, finché la pasta, addensandosi, non si staccherà dalle pareti della pentola.
4. Togliere dal fuoco e lasciare raffreddare l’ impasto. Solo allora unire un uovo alla volta facendolo assorbire completamente al composto.
Aggiungere il seguente, amalgamare nella stessa maniera procedendo fino all’ultimo uovo ed infine mettere anche la buccia del limone grattata.
5. Continuare a lavorare la pasta con energia, finché non si mostrerà ben vellutata e non troppo dura. Questa operazione sarà più semplice con una planetaria o con fruste per impasti duri.
In caso di dubbio prendete spunto da questo VIDEO
6. Preparare una padella con abbondante olio di arachidi e friggere delle porzioni di pasta della grandezza di un mandarino, che prenderete con un cucchiaio e verserete nell’olio bollente.
7. Lasciare cuocere i Bignè di San Giuseppe che si gonfieranno e gireranno da soli nella padella. Quando saranno coloriti scolarli su carta assorbente. Proseguire fino ad esaurimento dell’impasto.
8. A questo punto mettere la crema in una tasca da pasticciere e riempire i bignè generosamente.
Prima di servire spolverizzateli con abbondante zucchero a velo.
Preghiera a San Giuseppe per la buona riuscita dei Bignè
Per una buona riuscita dei Bignè consigliamo di recitare ad alta voce questa bellissima preghiera a “San Giuseppe frittellaro” scritta da Checco Durante
San Giuseppe Frittellaro,
tanto bbono e ttanto caro,
tu cche ssei così ppotente
da ajutà la pora ggente,
tutti pieni de speranza
te spedimo quest’istanza:
fa sparì dda su la tera
chi ddesidera la guera.
Fa vvenì l’era bbeata
che la ggente affratellata
da la pace e dar llavoro
non ze scannino tra lloro.
Fa ch’er popolo italiano
ciabbia er pane quotidiano
fatto solo de farina
senza ceci né saggina.
Fa cche ccalino le tasse
e la luce, er tranve e’r gasse;
che ar ttelefono er gettone
nu’ lo mettano un mijone,
che a ppotè legge er ggiornale
nun ce serva ‘n capitale.
Fa che tutto a Campidojo
vadi liscio come ll’ojo:
che a li ricchi troppo ingordi
je se levino li sordi
pe’ ccurà quer gran mmalato
che sarebbe l’impiegato,
che così l’avrebbe vinta
p’allargasse’n po’ la cinta.
Mo quer povero infelice
fa la cura dell’alice
e la panza è ttanto fina
che se ’ncolla co’ la schina.
O mmio caro San Giuseppe
famme fa ‘n ber par de peppe (scarpe),
ma fa ppure che er pecione (carzolaro)
nun le facci cor cartone
che sinnò li stivaletti
doppo ‘n mese che li metti
te li trovi co li spacchi
ssenza sola e ssenza tacchi.
E fa ppure che’r norcino
er zalame e er cotichino
ce lo facci onestamente
cor maiale solamente
che ssinnò lì drento c’è
tutta l’arca de Noè.
Manna er ffreddo e mmanna er zole,
tutto quello che cce vole
pe’ ffa bbene a la campagna
che ssinnò qqua nun ze magna.
Manna l’acqua che ricrea
che sinnò la Sora ACEA
ogni vorta che nun piove
se’mpressiona e ffa le prove
pe’ ppoté facce annà a lletto
cor lumino e’r mmoccoletto.
O ggran santo bbenedetto
fa che ognuno ciabbia un tetto,
la lumaca affortunata
cià la casa assicurata
cha la porta sempre appresso…
fa ppe’ noi puro lo stesso:
facce cresce su la schina
una cammera e ccucina.
Fa che l’oste, bbontà ssua,
pe’ fa er vino addopri l’uva,
che ssinnò, quanno lo bbevi,
manni ggiù l’acqua de Trevi.
Così er vino fatto bbene
fa scordà tutte le pene
e tte mette l’allegria.
Grazie tante….
…………..Accusì ssia !!!!!!