Lettera aperta alla Sardegna

Oggi voglio scrivere una lettera aperta alla Sardegna, anzi, erano giorni che mi balenava questa idea in mente e che volevo farlo. Mi tratteneva l’idea che altri, in questo caso il mondo del web, potessero leggere del sentimento profondo che provo per l’isola che mi ha adottata da quasi 7 anni e che considero una madre.

 

UN PENSIERO PER TE

Di cosa stavo parlando? Ah! della mia lettera aperta alla Sardegna.

Vuole essere una lettera “a cuore aperto”, liberatoria entro certi termini e senza paure. Quali paure, direte voi? La paura del giudizio della gente, che da sempre mi attanaglia in troppi ambiti. Quella di apparire troppo sensibile ed emotiva, ma che vuoi farci: ciascuno è fatto a modo suo. E ho imparato negli ultimi tempi a fregarmene un po’ meno del giudizio degli altri, sopratutto quando si parla di Sardegna. Una “madre” dicevo, che mi ha adottata e sostenuta. Strano, direte voi. Come si può considerare un’isola una “madre”? Come si può parlare di un pezzo di terra nel mare come di una persona in carne ed ossa? Vi faccio dunque la prima rivelazione, senza paure né timori, come accennavo prima, di essere giudicata. Oltre a parlare da sola (come molti fanno e farete anche voi ogni tanto: ammettetelo!) parlo con la Sardegna. Ci parlo spesso. Parlo col suo mare, con le sue montagne e con i suoi fiori. Mi sfogo con lei per quello che non va e le racconto i miei giorni più felici. Quello che provo per la Sardegna non può essere realmente descritto a parole ma ho deciso di provarci. Ho desiderato profondamente venire a vivere qui e ora che ci sono da 7 anni comprendo molte cose che prima mi erano aliene. Comprendo il bisogno di tanti sardi di “fuggire” e la necessità di trovare lavoro altrove ad esempio. Comprendo quella sensazione che non è solo una sensazione in realtà, di essere “confinati” in un bellissimo paradiso. Il mare divide la Sardegna da tante cose importanti. La prima sicuramente è il lavoro. Come continuo a sostenere, non è vero che non c’è lavoro in Sardegna, o almeno, non è una affermazione questa da prendere in termini assoluti. Lavoro c’è se prendi quello che trovi, se ti accontenti o se sei fortunato. Pochi fanno il lavoro che desiderano in Sardegna, ecco perché sono costretti ad andare via, e lo fanno a malincuore. Se vieni da fuori puoi portarti il lavoro dietro, un po’ come ho fatto io che lavoro da freelance. Ma io non sono nata qui: ho scelto di trasferirmi. Il discorso credo sia diverso per chi nasce nell’isola e talvolta deve prendere decisioni che non vorrebbe, come quella di allontanarsi dalla propria casa, dalla famiglia e dagli amici per inseguire le proprie ambizioni. Eppure, tanti sardi alla fine tornano a casa. Questa è sempre una buona notizia per me perché so quanto sono legati alla loro terra. Lo sono in modo viscerale e lo sono anche io, pur non essendo sarda. Per questo anche oggi cara Sardegna, mentre mi preparo ad allontanarmi da te per qualche tempo, ti porto nel cuore. Mi manchi già prima di partire, ma come si fa? Ti penserò da lontano, come faccio sempre quando parto. Perché poi tanto ritorno. Raramente mi fai arrabbiare. Piuttosto a farmi arrabbiare è chi ti vuole male. Chi arma la propria mano con il fuoco e distrugge le tue bellezze. Chi non ti valorizza e anche chi sia arrende al fatto che tu non possa farcela. Meriti tanto cara Sardegna e io sono qui per te, come tanti sardi e come tante altre persone che ti amano. Fatti forza e tirati su dalle alluvioni, dagli incendi che ti hanno devastata, dalla spopolamento che ti ha ferito l’anima. Scrivi anche tu una lettera aperta, cara Sardegna, chissà che i tuoi sogni non si avverino.