Mascaras Nettas: il carnevalè di Lodè e le sue maschere

Come non subire il fascino delle maschere di Lodè? Oggi vi parlo de Sas Mascaras Nettas, dal portamento sicuro ed elegante, la classe “spagnoleggiante” e il passo autoritario, come quello de sos carabineris, o di valorosi cavalieri medievali.

Questa maschera androgina, o ermafrodita come preferisce chiamarla lo studioso Lino De Palmas, suscita diversi interrogativi e vale la pena indagare sulle sue origini e sulla sua storia.

Ecco uno sguardo sul carnevale di Lodè e sulle sue maschere arcane, misteriose e incredibilmente magnetiche.

Il carnevale di Lodè è caratterizzato da maschere peculiari: in ordine, Sas Mascaras Nettas, Sas Mascaras Bruttas e Sos Marratzzos.

In questo articolo vi racconto alcune curiosità che riguardano le prime, cioè Sas Mascaras Nettas, e lo faccio con l’aiuto di Lino De Palmas, storico lodèino autore del libro “L’asilo al contrario”.
 

Sas Mascaras Nettas, uno sguardo al Carnevale di Lodè

murales lodè
Murales nel centro storico di Lodè. Fonte: Pagina ufficiale della Pro Loco Lodè

Anche a Lodè, in passato, il Carnevale era la regine delle feste.

Da una parte c’erano Sas Mascaras Bruttas, personaggi che imitavano le attività lavorative e sociali che si svolgevano quotidianamente in paese. Queste, rappresentavano cacciatori oppure animali, in particolare cinghiali o buoi, e trascinavano un aratro mentre alla loro spalle qualcuno faceva finta di seminare.

In generale, gli uomini si fingevano donne e le donne si fingevano uomini, ad eccezione di Sas Mascaras Nettas, sempre interpretate dai secondi.

Sas Mascaras Nettas – racconta Lino nel suo libro – avevano un che di speciale.

Rappresentavano l’aristocrazia che si distingueva nettamente dalla plebe: chissà, forse rievocavano il mito dei cavalieri verdi di Santu Juanne. Fatto sta che erano, e ancora oggi sono, ermafrodite e “mute”. Le anime infatti, come sottolinea Lino, non hanno sesso, venivano solo “portate” dagli uomini.

Ieri come oggi, la vestizione era un rito simbolico, proprio come avviene per la maschera de Su Componidori della Sartiglia di Oristano. Per impersonare la maschera, gli uomini indossavano camicia, copricapo e pantaloni bianchi dell’abito tradizionale maschile, nonché gilet, corpetto e scialle di quello femminile.

Nel dettaglio, il corpetto femminile si indossava facendo uscire le braccia dalle aperture laterali delle maniche, per poi intrecciarle tra di loro e fissarle sulle spalle.

Il copricapo, forse l’elemento più caratterizzante la maschera di Lodè, rispetto alle altre del carnevale sardo, veniva imbottito di stoffa e abbellito avvolgendogli attorno l’ampio scialle femminile, con le frange a coprire il volto in modo trasversale.

Uno scialle ulteriore, poi, veniva legato in vita e fatto scendere a triangolo sulla parte anteriore delle cosce.

Ma cosa rappresenta esattamente questa maschera? Lino ha dedicato parte della sua vita a studiarla e continua ad approfondirne le origini, per renderci informazioni sulla sua origine.

Testualmente, dal libro “L’asilo al contrario”:

“Secondo la tradizione sarebbero le guardie che arrestarono Gesù Cristo, ed infatti erano chiamate anche carabineris, e facevano visita al prete del paese alla loro prima uscita, ma molto probabilmente più per “arrestare” la sete di vino, che il parroco.”

In base agli studi di Lino però, vi sono varie ipotesi sul significato di questa maschera affascinante, in cui ricorre sempre il numero 3. Potrebbe rimandare, da una parte, alle orme dei Templari e dei cavalieri dell’Ordine di San Giovanni in Sardegna, al mito dei cavalli magici dal manto verde, e, dall’altra alle 3 sante cui la comunità di Lodè è devota.
 

Significato e origine delle maschere di Lodè: intervista a Lino De Palmas

sas mascaras nettas
Sas Mascaras Nettas, Lodè

Eleonora D.: È evidente e curioso che in Sas Mascaras Nettas ricorra il numero 3. Sappiamo che nel cattolicesimo questo numero simboleggia la Trinità, ed è un numero sacro per la maggior parte delle religioni. Inoltre, nella numerologia Templare, Il Tre è la conoscenza della completezza e della perfezione, mentre il Tredici (composto da 1+3) è considerato il numero della dea, del principio femminino. Come e quante volte ricorre il Tre nella maschera di Lodè?

Lino.: Rispondo di seguito in ordine:

  • 3 sono le figure delle maschere, perché Sas Mascaras Nettas non escono mai da. sole. Sfilano sempre in coppia accompagnate da Su Marratzzaju, che avanza al suono dei campanacci
  • 3 sono gli elementi dell’abito tradizionale maschile
  • 3 sono gli elementi l’abito tradizionale maschile
  • 3 sono, in totale, gli elementi che compongono l’intera maschera, uniti a completarne l’abbigliamento per formare non una figura ermafrodita.

Anche su mucadore, il fazzoletto triangolare che le donne usavano per coprirsi il capo (non a caso a 3 punte) è presente in numero di 3, ma non è finita qui.

Tre sono i giri che le maschere compiono attorno alla “vittima” che viene “arrestata” durante il carnevale. Quest’ultima si può liberare solo offrendo da bere a coloro che l’anno arrestata, cioè Sas Mascaras Nettas.

Eleonora D. : Hai accennato ad un mito cui sarebbe legata la maschera, alla figura storica dei cavalieri degli ordini medievali e alle 3 sante di Lodè. Puoi approfondire questi aspetti?

Lino: Certamente. Il tutto ci riporta al mito della storia dei cavalli verdi che, si dice, salirono verso la chiesa di San Giovanni a Lodè per rendere onore al santo. Di conseguenza porta ai trinitari di San Giovanni, che praticamente crearono il concetto stesso di “cavaliere”.

Allo stesso tempo, le maschere potrebbero rimandare alle statue delle sante ancora oggi visibili nella chiesa del rimedio di Lodè, assieme alla Nostra signora della Difesa e del Riscatto. Il che, a sua volta, ci porta alla difesa e al riscatto dagli attacchi musulmani. Quindi stiamo parlando di cavalieri che venivano utilizzati per il mito della difesa contro i musulmani.

È importante evidenziare il fatto che il discorso su Sas Mascaras Nettas, che ricordano molto il mito quasi massonico, venga riproposto durante la festa di San Giovanni che è il 24 giugno. Ancora oggi, a Lodè, in occasione della festa, vi è l’usanza di creare la comparia, il comparatico di San Giovanni. In sostanza, il numero 3, il triangolo e le maschere potrebbero essere una via per indagare le origini storiche della maschera, individuando le date che sono riscontrabili nella cultura medievale. L’unica cosa è che la maschera, di impronta spagnoleggiante, arriva dal ‘600. Dovremmo capire se è nata in questo periodo o magari esisteva già prima, anche con abbigliamento diverso.


 

La chiesa di Santu Juanne e il mito dei cavalli verdi

mito dei cavalli verdi
Rappresentazione del mito dei cavalli verdi

Lino de Palmas riporta che, secondo la leggenda di Lodè, nel luogo dove sorge la chiesa di Santu Juanne (di San Giovanni), i cavalieri salivano da Sos Lothos cavalcando cavalli verdi con ciuffi d’asfodelo sulla criniera, per lodare il santo.

La festa in suo onore, che si celebra ancora oggi accendendo fuochi di ferula ed elicriso, con tre salti incrociati, era il momento in cui si stringevano e si fissavano sas comparìas – il comparatico – quello stretto rapporto di fiducia reciproco, sa vide, che doveva essere rispettato a vita.

La leggenda de “Sos Caddos Birdes”, cioè i cavalli dal manto verde, è diffusa anche in altre zone della Sardegna.

Pare abitassero i boschi di sughero e quercia, che fossero dotati di poteri magici e portatori di grandi fortune oppure malasorte, in base alle credenze locali.

Ad ogni modo, questi cavalli fantastici hanno arricchito per secoli i “contos de foghile” della tradizione isolana.

Noti per il loro fascino e l’eleganza, quasi impossibili da avvistare, erano ritenuti indomabili. Ancora oggi, il nome dei cavallini verdi è usato per designare un qualcosa di difficile da trovare e molto raro. Un proverbio sardo, infatti, afferma che: “Homine affortunadu pius raru chi sos caddos birdes (un uomo fortunato è più raro dei cavalli verdi)

Il mito dei cavalli verdi pare risalga alle dominazioni arabe in Sardegna, fra il VII e l’VIII secolo, e nello specifico al colore dei vessilli dei cavalieri portatori di morte e razzie nei villaggi dell’Isola.

Fonti:

“L’asilo al contrario”, libro di Lino De Palmas
Intervista a Lino De Palmasù
SardegnaLive: la leggenda sarda de “Sos Caddos Birdes”.

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